In silenzio

In silenzio. 
Ascolto il mio battito, lento, disteso.
Respiro.
Aspetto.
Rumore di una porta che si chiude.
Il respiro si fa leggermente più pesante.
Passi.
E poi il silenzio.

Sento vibrare il telefono, sono ad una riunione. Schiaccio il tasto laterale, leggo l’anteprima e faccio un lieve sobbalzo.
“Ore 17, aspettami al centro della stanza. Scalza e senza giacca. Ovviamente occhi chiusi e mani dietro la schiena. Lascia la finestra leggermente aperta.” 
“Ti senti bene?” la mia collega sa! Un sbrigativo “Si”. 
Mi siedo più vicina al bordo della sedia, appoggio i gomiti sul tavolo e comincio a toccare nervosamente i miei capelli.
“Ma cosa diamine gli frulla per la testa? Lo sa che oggi non potrò esserci. Lo sa che non potrò essere perfetta per Lui!”.Guardo nervosamente l’orologio, sono le 14.
“Non avrò neanche il tempo di farmi una misera doccia!”.
La tentazione di rispondergli che non ci sarei potuta essere era forte. 
Ma il mio corpo non era dello stesso parere. 
“Spero di essere puntuale Padrone ma non posso assicurare nulla”. Sapevo che era un messaggio inutile, la risposta sarebbe dovuta essere un’altra e non questa.
Mi alzai dalla sedia “Scusate sto poco bene” ed uscii da quel luogo ameno e grigio.
Presi giacca e borsa e mi fiondai a casa.
Erano le 15 e non sarei riuscita a fare niente.
“Maledetto. Ma non poteva dirmelo in anticipo che sarei andata dall’estetista?”.  Lo dico ad alta voce, mentre sorrido, mentre lo stomaco comincia a contorcersi e la fica comincia a bagnarsi.
Dopo essermi tagliata di tutto, esco dalla doccia, mi asciugo e comincio a tirar fuori qualunque cosa dall’armadio. Scartando l’impensabile.
Mi seggo sul bordo del letto, sopra i vestiti sgualciti. Prendo il telefono per vedere l’ora e trovo un Suo messaggio vocale.
“Assicurati di esserci. All’orario indicato.” 

15:40!!!

Dal mucchio di vestiti scelgo una gonna nera fino al ginocchio con lo spacco laterale, una camicetta verde salvia ed un paio di autoreggenti velate nere. Intimo coordinato. Ai piedi? “Mannaggia a me ed a quando non compro mai scarpe adatte per queste situazioni!!”. 
Tiro fuori da una scatola, un paio di décolleté nere con un tacco non troppo alto. Mi trucco, abbastanza velocemente. Mascara, rossetto rosso e pronta. Chiamo un taxi, non sarei riuscita ad arrivare in tempo ovviamente!!!
Arrivo nel nostro posto pochi minuti prima delle 17.  Pago il taxi, scendo, chiudo la portiera e resto ferma ed immobile qualche istante.
Sento lo stomaco che si chiude, il respiro si fa corto, il sorriso si fa più evidente.  Scuoto il capo, mi sistemo la gonna ed avanzo verso quella porta. Ovviamente la trovo aperta. Faccio ciò che devo.
Tolgo giacca e scarpe e mi guardo attorno nella penombra di quel pomeriggio caldo e ventoso. Quel luogo sa di noi, dei nostri respiri, dei nostri orgasmi, delle mie urla e dei miei pianti. Ma sa anche di risate e di pizza e di morsi e di sogni. Ho imparato che non devo avere paura lì dentro.
Mi incammino verso quella stanza. Grande, spaziosa. Un lungo tavolo a ridosso del muro. 
I Tuoi oggetti e le mie voglie. I miei oggetti e le Tue voglie.
Apro la finestra. Faccio un lungo respiro. So che mi stai guardando e so che arriverai.
Spalle alla porta, mani dietro la schiena ed occhi chiusi. 

Il silenzio.

I Tuoi passi, il Tuo respiro dietro di me. 
Le tue mani sfiorano le mie, lentamente dalla punta delle dita fin su alle spalle.
Brividi lungo il corpo. 
I movimenti delle mie dita a cercare le Tue, il mio collo che si offre a Te. E poi il distacco. Freddo.
I capezzoli premono sotto il reggiseno e sono sicura che si vedano bene anche da sotto la camicetta.
“Avevo voglia di vederti”. Quelle parole rompono un silenzio prepotente. 
“Avevo voglia di mordere questa pelle” mentre la Tua mano tira i capelli mostrando il collo.
“Avevo voglia di prendere ciò che è mio, qua, in silenzio, senza chiedere il permesso” i Tuoi denti mordono il collo ed il mio corpo reagisce istintivamente muovendo la spalla.
“Ti ho detto che potevi muoverti?” me lo sussurri all’orecchio mentre me lo mordi. 
Sento il Tuo cazzo che preme sulle mie mani, Ti sposti per farmelo sentire meglio, per farmi sbagliare, per farmi muovere.  Affondi nuovamente i denti.
Adoro i Tuoi morsi, sono carichi di aspettative, di desiderio, di voglia. 
Tiri ancora di più i capelli, stavolta la mia testa si appoggia al Tuo petto. 
Le mie labbra socchiuse, umide.
Il cuore vorrebbe uscire dal petto. Vorrei aprire gli occhi, ma non lo faccio.
Lasci la presa e quasi cado. Mi ero appoggiata troppo a Te. Sorridi. “Dove vai? Non ho ancora intenzione di farti del male”. Una mia smorfia e sorrido. 

Ti ho addosso, le labbra sulle mie, la lingua incastrata alla mia, le mani sul culo a tirar su la gonna fino alla vita mentre cammini e mi accompagni verso quel tavolo.
Frughi dentro di me, mi trovi già fradicia. Infili 2 dita, poi subito dopo 3, mentre continuiamo a baciarci. Spingi sempre più veloce, mi senti ansimare più forte e Ti fermi. “Bastardo” penso tra di me ed un mugolio esce dalla mia bocca.
“Non è ancora il momento” mentre mi porti le dita alla bocca “Succhia e fallo bene”. Le Tue dita dentro la mia bocca, le sento spingere, muoversi, roteare insieme alla mia lingua, le labbra le succhiano.  Esci dalla bocca con le dita piene di saliva “Chiudi la bocca che devo pulirle”, le passi sulle labbra sbavandomi  ancora di più il rossetto.

Mi prendi per mano e mi conduci nuovamente al centro della stanza. “Guardami”.
Difficile aprire quegli occhi che ami guardare, ma lo faccio.
Ti avvicini e la Tua mano è nuovamente sulla mia fica fradicia, la muovi, cerchi il clitoride e lo stringi piano e via via sempre più forte. “Guardami”.
Il mio sguardo che vorrebbe essere coperto. Il mio sguardo che non vorrebbe essere “esposto”.
I tuoi “Guardami” che mi fanno sentire nuda.

Mi lasci li con le gambe aperte, la fica fradicia ed il respiro di chi stava per avere un orgasmo.

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