Non ha importanza quanti anni avessi compiuto, 31, 32, 33, non importa.
Ma era il giorno del mio compleanno.
Vivevo ancora in un paesino, molto carino. Abitavo ad un primo piano di una
palazzina con soli 3 appartamenti, uno per piano, con delle scale impossibili
da salire. Gradini in ardesia ed altissimi.
La mia casa era modesta, un ingresso, una camera da letto, un cucinino, un
soggiorno ed un bagno con una vasca da bagno, che adoravo, potevo
immergermi completamente in tutta la lunghezza.
Mi piaceva quel piccolo posto per me, anche se non ero riuscita a renderlo
completamente mio, c’erano dei mobili antichi, pesanti, grossi e non si
addicevano affatto al mio stile minimalista.
Era di fianco, letteralmente di fianco alla chiesa del paese. I primi mesi
maledicevo quelle campane, suonavano ogni quarto d’ora. Poi cominciarono
a fare parte della mia quotidianità e non le sentii più.
Lavoravo nella pubblica assistenza del paese, quindi potevo uscire di casa
letteralmente cinque minuti prima, tranne quando non riuscivo neanche a
poggiare neanche la testa sul cuscino. Cinque minuti dal lavoro, significava
reperibilità non pagata continua!!
Quel giorno, come gli anni precedenti, erano stati particolari.
Ti avevo conosciuto qualche anno prima, durante la rottura del mio primo
rapporto Bdsm, mi avevi accolta nella Tua vita, quasi volessi proteggermi dal
mondo.
Avevi un modo splendido di prenderTi cura di me, avevi un modo tutto Tuo
di parlarmi, di farmi sentire che c’eri ed io ero letteralmente pazza di Te e
della Tua testa.
Ti definivi un Master in “pensione”, dicevi che non avresti mai più avuto a
che fare con il Bdsm ed invece io e Te abbiamo avuto quel rapporto per circa
7 anni.
Ci aveva fatti conoscere una ragazza, una Tua amica o una con cui giocavi,
non sapevo mai come definirla.
Mi parlava sempre di Te, di ciò che eri e di come le facevi girare la testa.
Ma avevi scelto me ed io non potevo che esserne felice.
Ricordo ancora la prima sera che parlammo al telefono. Ero a La Spezia,
dormivo lì, perchè l’indomani mattina avrei dovuto vedere quello che era il
mio Master, mi chiamasti alle 23, non riuscimmo a parlare se non 10 minutiperchè cadeva la linea in continuazione e, credo che fu in quel momento,
che mi ritrovai a pensare che forse la scelta giusta per me saresti stato Tu.
Il rapporto con quel Master di La Spezia, finì dopo qualche settimana e mi
ritrovati Te al mio fianco.
Mi rimproveravi per aver ceduto quel tipo di controllo a qualcuno che se ne
era approfittato. Mi rimproveravi perchè ciò che ero non dovevo regalarlo
così. Mi tenevi stretta a Te, pur non potendolo fare realmente.
Cominciammo a vederci su Skype, la sera. Era stupendo vederTi tutte le
sere, davanti a quel pc, con la Tua vita incasinata, con le Tue scuse alla
famiglia, con le scuse a tutto il mondo per potersi vedere anche solo 10
minuti.
Rubavamo quel tempo alle nostre vite, in qualunque momento della
giornata.
Mai avrei creduto a tutto ciò che abbiamo fatto insieme, seppur poco, per
me era tantissimo.
Ma il nostro primo incontro è qualcosa che resterà per noi e per nessun altro.
Quella sera, invece, fu diverso da tutte le altre volte.
Quella sera credo di averTi amato come mai prima di allora.
Come al solito Ti eri dimenticato il mio compleanno, ma lo capivo,
coincideva con la data del Tuo matrimonio.
Era stata una giornata come le altre, il lavoro impegnativo tra urgenze e
coordinamento turni, tra telefoni che squillavano e persone che creavano
caos in sede.
I miei pensieri erano concentrati sul lavoro, non avevo sentito i Tuoi
messaggi.
Ma non aveva importanza, conoscevi bene il tipo di lavoro che svolgevo e
non mi inondavi di messaggi.
I Tuoi messaggi, anzi, erano molto semplici. Una o due parole. Ma quelle
parole, solitamente, facevano viaggiare la fantasia, più di qualunque altra
cosa. Ed erano una piacevole ed eccitante sorpresa.
La giornata trascorse lentamente, non vedevo l’ora di andarmene a casa, per
togliermi quella divisa e per farmi una doccia.
Lessi i Tuoi messaggi poco dopo le 14, mi avevi scritto che non ci saresti
stato quel giorno, perchè eri reperibile sul lavoro ma che avevi voglia di
“immolestirmi”.
Quanto adoravo quella parola.. credo che non esista neanche, ma sia io che
Te ne conoscevamo il significato.
Un pomeriggio di giochi, anche se da sola, ma con Te.Ma purtroppo non sarebbe accaduto.
“Non preoccuparti Padrone” ti risposi, anche se mi sembrava che mi fosse
crollato il mondo addosso.
Non ci vedevamo da un paio di mesi, né fisicamente né in cam, e mi mancavi
da morire.
Parlammo un altro pò, del più e del meno, fino a che non Ti dissi che ero
arrivata a casa e che mi sarei presa del tempo per me e per riposare, perchè
la sera sarei uscita.
Non una sola domanda sulla serata o sul mio volere del tempo per me.
Trovai la cosa alquanto strana.
Solitamente mi faceva una sorta di terzo grado, voleva sapere sempre tutto,
dove andavo, con chi, cosa avrei fatto. Ma non perchè volesse controllarmi,
ma perchè avrebbe voluto esserci anche Lui con me e più conosceva la
situazione più poteva essere lì.
Mi buttai a letto e mi addormentai con questo pensiero.
Mi svegliai sentendo vibrare il telefono, non guardai neanche chi fosse e
risposi:
“Pronto?”
“Si risponde così al telefono?”, mi misi subito seduta e mi sveglia in un
secondo. Cercai di schiarirmi la voce e di essere più “docile” possibile, ma
nulla poteva nascondere il mio imbarazzo per non aver risposto nel modo
corretto.
“Ciao Padrone, scusami mi sono svegliata adesso e non ho visto chi stesse
chiamando”, lo dissi mordendomi le guance.
“Ti sei riposata? O stai ancora rimuginando sul mio non chiederti nulla di
stasera?”.
E niente.. ci conosciamo troppo bene per non sapere cosa pensiamo l’uno
dell’altra.
“Sono crollata appena ho messo la testa sul cuscino Padrone”.
“Quindi stasera dove pensi di andare piccola cagnetta?” adoravo la Sua
voce, sopratutto quando mi affibbiava mille nomignoli.
Sorrisi e sapevo che stava facendo la stessa cosa.
“A mangiare ad una Sagra che si tiene nel paese vicino, andremo presto,
anche perchè domani sono di nuovo di mattina” sbuffai quando glielo dissi,
era un periodo complicato, tra cambi di volontari e nuovo equilibrio
lavorativo ed il peso di questi squilibri si ripercuoteva sull’umore generale.“Non so se ci potrò essere più tardi, sono reperibile e dipende dove mi
mandano potrei non esserci neanche cinque minuti” lo disse in tono serio e
mi si strinse lo stomaco, avrei voluto sentirlo, vederlo.
Avrei voluto mille cose e sapere che non ci sarebbe stato complicava una
giornata già storta.
Capitava spesso, durante la sua reperibilità, di non sentirsi. Ma quel giorno
me la presi abbastanza, si era dimenticato di farmi gli auguri.
Gli risposti con un sussurro dicendogli “Ok Padrone, mi mancherai”.
Chiudemmo la telefonata con le solite promesse di presenza.
Erano le 18, dovevo prepararmi. Mi misi un paio di jeans leggeri, delle
scarpe comode bianche ed una camicetta bianca. Non faceva caldo quella
sera e decisi di portarmi qualcosa da mettermi sulle spalle per la sera.
Uscii rimuginando sul tono della conversazione.
Mi aveva sbolognato troppo presto, probabilmente non era in reperibilità,
ma avrebbe avuto altro da fare, magari con la moglie.
Quei pensieri si impossessarono di me in un secondo, ci misi un pò per
scacciarli via e per pensare che eravamo due cose completamente diverse io
e lei.
Mi misi in macchina ed arrivai troppo presto alla serata, c’era molta gente in
coda ed io aspettavo un pò defilata i miei amici. Guardavo il telefono
insistentemente. Più per vedere se fosse arrivato qualche Suo messaggio,
che per l’attesa vera e propria, ma non arrivò nulla.
Arrivarono i miei amici e ci sedemmo al tavolo a parlare ed a ridere.
Per tutta la serata non lo sentii. Gli mandai solo un messaggio per avvisarlo
che la serata stava andando bene e che sarei tornata a casa presto.
Verso le 22 mi chiese quanto tempo ci volesse prima che tornassi, perchè
forse per le 23 sarebbe riuscito a fare una capatina, anche se veloce, su
Skype.
Mi prese l’ansia, comincia a mordermi le labbra e sorridere con gli occhi.
Inventai una scusa, non volevo perdermi l’occasione di esserci quando Lui
sarebbe arrivato.
Andai via, eccitata, felice come una bimba, con in mente ciò che significava
vedersi, guardarsi negli occhi, desiderarsi, toccarsi anche se non lo si poteva
fare.
Entrai in macchina e filai a casa.
A metà viaggio mi scrisse “Non so se riesco ad essere puntuale, ma ci
provo”.Un nodo alla gola, non mi aveva mai detto così tante volte “non so se
riesco”.
Tornai a casa, amareggiata.
Andai in bagno a struccarmi ed a cambiarmi.
Mi misi davanti al pc, aprii Skype e niente.. erano quasi le 23. Guardai un pò
di musica su YouTube, gironzolai su fb, ma niente.
Decisi di scrivergli che andavo a letto, perchè ero abbastanza stanca.
Dopo poco mi squillò il telefono “Apri che sono sotto casa tua ed ho voglia
di darti il mio regalo di compleanno”.
Mi scoppiò il cuore in gola.
Panico.
In casa c’era un macello, lo stendino aperto con la biancheria, il letto
disfatto.
Aprii il citofono e la porta.
Entrò in casa. “Auguri piccola cagnetta” me lo disse all’orecchio, come un
sussurro. Il cuore a mille e la sua mano aperta sulla mia nuca, fronte contro
fronte, occhi negli occhi ed un bacio lungo un’eternità.
Il silenzio, solo i nostri respiri.
Sapevi esattamente dove erano tutti i miei ed i Tuoi giochi. Non c’era posto
che non conoscessi in quella casa.
Hai aperto l’armadio e tirato fuori la scatola, quella in cui conservo ciò che
amiamo.
Sei entrato in camera al buio, hai acceso la lampada sul comodino, hai preso
le mie mani e mi hai avvicinata al letto. Non avevo idea di cosa volessi fare,
ma ero tra le Tue mani e ciò mi bastava.
“Spogliati” un sussurro. Lo feci senza dire una parola, con il cuore che mi
batteva a mille.
Le Tue mani sul mio sesso e la Tua bocca sulla mia.
Non sapevo mai se potevo toccarti, ma quella sera non dicesti di no e Ti
sfilai via la cintura, te la misi al collo e senza dire una parola mi girai e mi misi
a quattro zampe sul letto.
“Conta..” e cominciai contare.
Non potevo gemere troppo forte, non potevo urlare, non potevo fare nulla
se non contare con il fiato strozzato in gola.
Non ricordo più fino a che numero contai, ma emisi un grido quando le Tue
dita e la Tua lingua successivamente passarono in rassegna i segni, uno per
uno.Mi tremavano le gambe, avrei voluto che non smettessi mai, ma mi
conoscevi troppo bene, non Ti avrei mai detto di no e sapevi dove fermarti.
Sentivo la mia eccitazione colare lungo le gambe, mi toccavi, ma non volevi
che avessi un orgasmo, non era quello il momento, non era quello il mio
regalo di compleanno.
Ma l’orgasmo arrivò dopo qualche secondo, inaspettato, violento, con le Tue
dita ancora dentro di me, e due, tre, forse cinque sonore sculacciate mi
riportarono alle Tue parole “Cosa ti avevo detto? Avresti dovuto aspettare
ed ora cosa faccio io con te?” disse prendendomi in giro e continuando a
masturbarmi.
Lo odiavo, di quell’odio che solo chi prova determinate cose può capire.
Odio misto ad amore, ad eccitazione mista a vergogna, e mista ad un sacco
di altre emozioni.
“Scusa Padrone..” riuscii a dire con un filo di voce.
Mi fece voltare a pancia su, culo a bordo letto e piedi poggiati sul legno del
letto. I segni sul culo si fecero sentire subito, piacevoli, eccitanti, fastidiosi.
Ne avrei voluti ancora ed ancora.
“Apri quella gambe, non farti ripetere sempre le stesse cose” lo disse
strattonandomele, ma senza far forza, “Mettiti bene su con quella figa
fradicia che ti ritrovi” e lo guardai in viso.
Tra la luce soffusa della lampada e la luce del lampione che penetrava nella
stanza, lo amavo. Amavo quel suo sguardo tra il perverso e l’eccitazione,
amavo quei suoi occhi scuri che mi facevano impazzire solo con un’occhiata,
amavo le Sue espressioni, sempre diverse e sempre precise.
Lui tra le mie gambe, vestito, io distesa sul letto, nuda, ed una candela che
lentamente faceva il suo dovere sul mio corpo. Piccole gocce sparse qua e
là, da una distanza equilibrata non facevano quasi nulla sul mio corpo,
arrivavano fin troppo “fredde”, ma era per prepararmi alle distanze
ravvicinate. Quelle con la cera appena fusa, quelle che ti fanno sentire il
calore di uno schiaffo, di una sculacciata, che ti “bruciano” la pelle ma che ti
fanno desiderare di avere il corpo ricoperto dalla cera.
Volevo Te adesso. Non curante che Ti stavo e mi stavi già dando tutto.
Si fermò, posò la candela, mi tirò giù le gambe e mi aiutò a rimettermi
seduta, non mi tolse la cera, la lasciò sulla pelle.
Ero bellissima, mi vedevo con i Tuoi occhi e vedevo i Tuoi occhi guardarmi.
Un solo cenno, girai la testa verso il comodino e vidi il cazzo a ventosa nero,
poggiato sul comodino.“Adesso puoi avere tutti gli orgasmi che vuoi, io mi metto qua davanti e ti
guardo”, avrei voluto morire. Tutte quelle volte nelle quali lo avevamo fatto
in cam, erano imbarazzanti, ma non come adesso.
“Forza su, che non ho tempo da perdere” e sorrise guardandomi, con la mia
espressione interrogativa.
Mi voltai verso di Lui, insicura su come mettermi, anche perchè il comodino
non era così comodo come altezza.
Aprii le gambe, indietreggiai con il bacino e comincia a scendere, lo feci
scivolare dentro di me, sentivo che mi riempiva tutta, sia in lunghezza che in
larghezza.
Vedevo i Suoi occhi illuminarsi, essere impazienti, desiderarmi. E cominciai a
muovermi sempre più velocemente. Quando raggiungi l’orgasmo, avevo la
sua bocca nella mia, sentiva i miei gemiti ed io sentivo il Suo desiderio.
“Adesso che il cazzo è ben fradicio, piantalo su per il culo”.
Mi faceva impazzire quando mi parlava così. Non gli risposi se non con un
cenno del capo.
Mi alzai, fradicia dei miei umori e lentamente, ma con fatica, comincia a
scendere ed a penetrarmi con quel cazzo nero.
Scesi su lui lentamente, non ero abituata a quella dimensione; salivo e
scendevo piano e poi sempre più velocemente, quasi a voler dare un senso a
tutto ciò, quasi a voler essere io il Tuo regalo di compleanno e non Tu il mio.
Mi ci sedetti sopra, esausta, avevo le gambe che tremavano da morire, ero
sudata, mi dava fastidio la cera appiccicata, ma vedevo il Tuo viso, eccitato,
con gli occhi socchiusi persi su di me, ma con il corpo completamente
fermo, ma pronto a scattare.
“Continua, non hai ancora finito”, ero esausta, ma cominciai a penetrarmi
ancora ed ancora, i miei umori scesero fin sul pavimento, mi portai una mano
alla bocca ed ebbi un orgasmo, veloce, intenso, violento, che mi scosse
anche l’anima.
Mi hai preso il viso tra le mani, mi hai baciata e mi hai aiutata ad alzarmi da li.
“A quattro zampe adesso sul letto, il regalo di compleanno non è ancora
finito”.
Feci fatica a salire sul letto, a posizionarmi come mi desiderava.
Le mani sui segni, il Tuo corpo sopra il mio, il Tuo cazzo dentro di me.
“Buon compleanno cagnetta”.
I Tuoi particolari
